INVECCHIAMENTO E SOLITUDINE SI AFFRONTANO MEGLIO CON UN WELFARE ABITATIVO

Come è noto, l’Italia è il paese europeo più vecchio, in un continente già vecchio di per sè: gli over 65 italiani sono il 22,8% della popolazione (dato in continuo aumento), contro il 20,3% medio dell’Unione Europea. 

Il 40% degli italiani che ha più di 75 anni vive da solo, senza amici e con limitato sostegno da parte della famiglia.

Diminuisce l’autonomia e cresce l’età media degli anziani ricoverati nelle apposite RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), le quali peraltro hanno capacità di occuparsi soltanto di 19 persone ogni 1.000 abitanti, contro una media OCSE di 47. 

 

Quali soluzioni a questi bisogni?

In una situazione in cui le strutture pubbliche, oggi ed in prospettiva, appaiono insufficienti, in cui anche i vincoli familiari si vanno progressivamente allentando, a quale destino va incontro la crescente popolazione di italiani proprio quando si troverà nell’età più avanzata?

È necessario individuare delle soluzioni concrete, che, al di là della pura sussistenza e dell’assistenza sanitaria, contemplino la soddisfazione dei bisogni tipici degli anziani autosufficienti e ne migliorino la qualità di vita: socialità, sostegno, interessi, privacy.

 

Cohousing: cos’è?

Negli ultimi anni, ad esempio, sono nate nuove forme di aggregazione che prendono nome di cohousing sociale.   Di che si tratta?

Per cohousing (la traduzione letterale suona coabitazione, ma è riduttivo) si intende un insieme di alloggi privati indipendenti che hanno degli spazi comuni – al chiuso o all’aperto – utilizzati da tutti gli inquilini: ad es. cucine, lavanderie, palestre, biblioteche, etc. Ciò consente tra l’altro economie sui costi, stimate fra il 20 ed il 30% rispetto all’alloggio tradizionale. È un’idea nata in Danimarca negli anni 60.

 

Il cohousing a Treviso

Per comprendere meglio il fenomeno, prendiamo ad esempio una coppia di coniugi di Treviso, Mirella e Giuseppe. Entrambi in pensione, hanno deciso di vendere la loro casa e di trasferirsi in un appartamento più piccolo all’interno di un palazzo di proprietà dell’ISRAA (Istituto Servizi di Ricovero e Assistenza agli Anziani), le cui unità sono pensate proprio per persone nella loro situazione.  Il progetto ISRAA, cofinanziato dall’UE, prevede appunto il recupero e l’ammodernamento di edifici da destinare a finalità sociali, in particolare per gli anziani.  

Mirella e Giuseppe godono di buona salute, quindi possono occuparsi da sé della quotidianità e dedicarsi a letture e viaggi di piacere: fanno parte della fascia d’età fra i 75 e gli 85 anni, sono lucidi ed autonomi, non hanno bisogno di particolari cure mediche.

In cambio dell’affitto dei locali già arredati, l’ISRAA si occupa per loro conto del pagamento delle bollette, della manutenzione e dei servizi ordinari (es. lavanderia), nonchè dell’assistenza medica leggera. 

Interessante l’aspetto sociale: gli inquilini entranti sottoscrivono l’impegno a partecipare a determinate attività collettive, per “favorire il senso di appartenenza alla comunità” e “dare valore al vicinato”. Ciò costituisce un efficace stimolo ad aprirsi e mantenere relazioni con i nuovi coinquilini, evitando di cadere nell’isolamento fisico e psicologico. ISRAA rappresenta un esempio di successo grazie all’idea centrale del progetto: investire su persone autonome, ma che, senza il cohousing, potrebbero finire presto per sviluppare malattie croniche o condizioni di vita solitaria, cosa che, purtroppo, avviene spesso per molte persone non autosufficienti che vivono in Case di Riposo.

 

Senior Cohousing: un nuovo modo di abitare

Il cohousing per anziani (chiamato anche senior cohousing) è in crescita ovunque, all’estero come in Italia: nel nostro paese il design degli alloggi si va standardizzando, e uno studio Nomisma prevede un grande sviluppo di questa nicchia del mercato immobiliare, a dimostrazione del fatto che costituisce una specifica soluzione abitativa rispondente a reali necessità sociali: se ne trovano esempi ormai in molte regioni, dalla Val d’Aosta alla Campania.

 

Si sono infatti già costituite molte comunità di vicinato solidale, il che consente agli anziani residenti di mantenere la propria vita privata, condividendo allo stesso tempo con gli altri inquilini taluni spazi e attività quotidiane. Insomma, un abitare collaborativo basato su condivisione e solidarietà, che si è mostrato efficace per combattere la solitudine ed evitare l’esclusione sociale di persone della terza età, mantenendone elevato più a lungo il coinvolgimento emotivo.