Islanda: si lavora 4 giorni e si aumenta la produttività!

“Un successo straordinario”: è così che il direttore della ricerca della società Autonomy – che ha studiato ed analizzato i risultati dello studio in collaborazione con la Association for Sustainability and Democracy – definisce l’esperimento.

 

Ci troviamo in Islanda e stiamo parlando dell’esperimento durato 4 anni che ha coinvolto per lo più persone impiegate nel settore pubblico, a cui a parità di importo, è stato ridotto l’orario lavorativo, passando ad una settimana lavorativa di quattro giorni (circa 35-36 ore settimanali). 

 

Ma quali sono state le ripercussioni sulla qualità del lavoro e sulla qualità della vita privata di questi cittadini e cittadine islandesi? Il rapporto riporta un risultato incoraggiante: la produttività, in alcuni casi è rimasta costante, ma nella maggior parte è addirittura aumentata. I/le dipendenti, che hanno potuto sperimentare questo nuovo orario lavorativo, sostengono di avvertire “meno stress” ed affermano di aver avuto più tempo ed energie per hobby e famiglia.  

 

Infatti, mettere in primo piano la vita dei/elle dipendenti rispetto al resto, porta sì risultati positivi sul posto di lavoro, ma non solo: chi ha partecipato all’esperimento ha riscontrato miglioramenti anche da un punto di vista della propria salute. 

Un miglior bilanciamento tra vita privata e vita professionale testimonia un miglioramento lavorativo, di produttività ma anche a livello psico-fisico. 

 

I risultati della ricerca, estremamente positivi, hanno fatto in modo che questo nuovo stile lavorativo sia stato, nell’immediato, adottato all’interno delle aziende islandesi, rinegoziando i contratti. Come suggerisce il rapporto “l’86% dei/elle dipendenti islandesi ha un contratto che prevede orari di lavoro ridotti rispetto al passato, oppure che dà loro la possibilità di passare a un orario ridotto in futuro”. 

 

E al di fuori dell’Islanda? 

Altre aziende stanno mettendo in pratica i risultati della ricerca, offrendo la settimana lavorativa di 4 giorni ai propri dipendenti. 

Ad esempio, già alla fine del 2019, Unilever (titolare di 400 marchi tra cui Dove, Algida) ha intrapreso un programma che permette al proprio personale lavoratore operante in Nuova Zelanda, di lavorare quattro giorni alla settimana potendo scegliere la distribuzione dei giorni a riposo, per meglio incontrare le esigenze di ognuno. 

Microsoft, nell’estate del 2019, ha chiuso i suoi uffici in Giappone il venerdì, incrementando la produttività del 40% (se paragonata allo stesso periodo dell’anno precedente).  Un’altra azienda che ha sperimentato la riduzione dei turni di lavoro è stata Toyota, che in Svezia  ha portato a 6 ore i turni di lavoro. 

Un esempio italiano è quello della società “Carter & Benson” che, a gennaio 2020, ha deciso di introdurre la settimana ridotta a 4 giorni lavorativi, per tutti i lavoratori e le lavoratrici, mantenendo inalterati gli stipendi. Ancora in Italia, la realtà “Awin”, dopo un primo periodo di prova, ha portato l’orario lavorativo a 4 giorni e mezzo per tutti i suoi dipendenti.

 

La settimana “corta” di 4 giorni lavorativi sta diventando una realtà in un numero crescente di aziende dentro e fuori il nostro Paese e, va sottolineato come, comunque, l’attenzione al tema della conciliazione vita-lavoro sia aumentata anche a seguito del Covid19.

Un numero importante di imprese è stato, infatti, costretto ad adottare piani (seppur emergenziali) di Smart Working e a rivedere, in un breve periodo, le modalità tradizionali di lavoro.  Maggiore il valore riconosciuto alla produttività rispetto alle ore lavorative, con i tanti fattori positivi che questa scelta comporta sia per la salute che per il benessere dei dipendenti. 

 

Che si sia intrapresa una nuova e giusta direzione di fare e capire il lavoro?