Pensioni: cosa ne pensano i millenials

a cura di Giovanni Albanese

 

Qual è l’atteggiamento dei giovani millennials nei confronti della vita da pensionati? Come vedono la propria situazione economica una volta terminata l’attività lavorativa? 

 

Chi sono i millennials?

I millennials sono i nati fra il il 1981 ed il 1996, secondo la definizione più accreditata: i primi di loro andranno in pensione a partire attorno al 2045/2050 e, secondo un sondaggio condotto negli Stati Uniti, in maggioranza (61%) prevedono di proseguire nel lavoro anche da pensionati.

 

 Come si modificherà l’impegno lavorativo?

Nelle intenzioni, sarà un lavoro “leggero”, affatto stressante dal punto di vista fisico, che consenta di integrare il reddito da pensione lavorando da casa, al computer.  Si tratterà quindi di avvalersi ancora della professionalità acquisita, oppure di intraprendere un’attività più gradita, anche part time, soprattutto senza subire la pressione che abitualmente condiziona la “vita in carriera” e gli estenuanti ritmi ed obblighi che questa comporta.

 

Millennials e baby boomers: un confronto

Alle spalle, ci sarà generalmente una discreta tranquillità economica, raggiunta grazie ad un’accurata pianificazione che inizia fin dai primi anni di attività. In questo, i millennials americani si stanno dimostrando più attenti rispetto ai baby boomers, la generazione precedente, contraddistinta al contrario da minor consapevolezza circa la necessità di risparmiare in vista dell’uscita dal sistema produttivo. 

 

E i millennials italiani?

Fin qui, in sintesi, ciò che si pensa negli Stati Uniti, ci si può chiedere quale sia la visione dei giovani italiani sullo stesso argomento. Lo scenario è caratterizzato da una notevole dose di incertezza. I nostri millennials entrano molto tardi nel mondo del lavoro, spesso in una situazione di precariato che, oltre a limitare fortemente le loro scelte di vita e finanziarie (es. metter su famiglia, ottenere un mutuo), lascia poco o nessuno spazio per l’accumulo di un capitale sufficiente ad integrare il sempre più magro vitalizio che arriverà col sistema contributivo.  Inoltre, contrariamente agli americani, in un quadro normativo come quello odierno, continuare ufficialmente a lavorare da pensionati comporta per gli italiani una notevole riduzione dell’assegno previdenziale.

Non stupisce, perciò, che otto giovani su dieci si dicano molto preoccupati di non riuscire a mantenere il tenore di vita del periodo lavorativo, e che un terzo (29%) viva già da oggi questa situazione con paura. 

Tale diffusa sensazione, sebbene più che giustificata, sembra peraltro basata più su sensazioni che su dati concreti: molti giovani non conoscono le regole di calcolo della pensione (53%) e due terzi di essi non si sono neppure informati sulla propria situazione personale (68%). 

Per rimediare a questa situazione, praticamente tutti i millennials italiani (94%) ritengono che dovrebbe essere lo Stato a farsi carico del problema, per assicurare una “pensione di garanzia” di sostentamento per la vecchiaia. 

Tutto questo dimostra che c’è da fare ancora un grosso sforzo culturale per sensibilizzare a tutti i livelli il mondo del lavoro sull’esigenza di un’accurata pianificazione finanziaria, e per consolidare la cultura e la consapevolezza su un fatto innegabile: costruirsi una pensione integrativa a partire dai primissimi anni di lavoro è già da tempo necessità fondamentale per garantirsi anzianità e  vecchiaia serene.

 

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